Il clima sul fronte della tutela del diritto d’autore si sta irrigidendo. O meglio – dovrei far riferimento al clima sul fronte di chi incassa il diritto d’autore e combatte il fenomeno del file sharing senza distinguo (il file sharing, la condivisione di file, non necessariamente lede i diritti di qualcuno – ma questa è un’altra storia).
Da noi in Italia la SIAE si è inventata “Legal Bay, un servizio per gli utenti italiani che consentirà di scaricare contenuti digitali audio video in modo sicuro e di grande qualià, offrendo un’alternativa legale ed economicamente sostenibile al downloading e al file sharing illegale” (fonte: SIAE). Una proposta quantomai strana che solleva nuovi interrogativi sul ruolo della Società Italiana degli Autori ed Editori.
Dicevo del clima: negli States la RIAA, associazione dei discografici americani, ha deciso nuovamente di colpire nel mucchio per educarne milioni: una ragazza madre è stata giudicata colpevole di aver condiviso con Kazaa 24 brani e condannata a pagare 80.000 dollari per brano. “E’ come se l’imputata si fosse piazzata all’angolo di una strada per regalare ai passanti 150 cd”, questa la linea degli avvocati della RIAA che dimenticano come non sia mai stato dimostrato un collegamento tra la pirateria ed il calo delle vendite dei supporti regolari (notizia presa da Zeus News). Verosimilmente un nesso c’è, ma ritengo non di queste proporzioni.
Un clima simile si respira in Svezia, dove in aprile è entrata in vigore una normativa antipirateria. Il nome di tale direttiva è IPRED (Intellectual Property Rights Enforcement Directive) e ha fatto crollare in pochi giorni del 30% il traffico Internet dello stato, subito dopo la propria approvazione, a significare come gran parte di coloro che si connettono ad Internet sfruttino il peer-to-peer (notizia presa da qui).
Di contro Pirate Bay, il sito svedese famoso per la messa a disposizione dei file “.torrent” (non sai cosa sono? Clicca qui) ha dichiarato guerra al sistema. Già il giorno successivo alla condanna di primo grado che prevede la reclusione e pagamento di danni a sette cifre, la baia dei pirati sul proprio sito dichiarava “we are the internets”, come dire, internet è il nostro territorio. Uno slogan che dall’elezione nell’europarlamento del partito dei pirati svedese è anche un manifesto politico. Pirate Bay per la libertà incondizionata in internet; Pirate Bay che supporta la protesta in Iran, creando e mettendo a disposizione The Persian Bay, una piattaforma sicura per i gruppi di opposizione iraniani. Una delle ultime mosse di Pirate Bay è il lancio di una versione beta di un servizio per anonimizzare il Peer-To-Peer, denominato IPREDATOR. 180.000 internauti si sono candidati per testare IPREDATOR, solo 3000 lo stanno utilizzando. Se passerà il test, IPREDATOR avrà un costo mensile di 5 Euro (Fonte Sueddeutsche Zeitung) e potrà costituire una vera fonte di finanziamento per Pirate Bay, che al momento si finanzia con donazioni e merchandising, e farne una potenza. Anche se appare scontato che il governo svedese non starà a guardare – staremo a vedere…
Difficile determinare chi abbia torto e chi ragione (troppo semplice mettere i discografici e in Italia la SIAE dalla parte dei buoni e tutti gli altri dalla parte dei cattivi), anche perché alla fine stiamo parlando di accesso alla cultura. (to be continued)
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