Che bei suoni – l’ultimo album di walking mountains spacca!!!

Prodotto in stile DIY, grazie al crowd funding tipico del web 2.0, Walking Mountains (aka Bartolomeo Sailer) sorprende. Anzi MI soprprende. Avevo aderito al crowd funding più per amicizia che per convinzione artistica (scusa Bart). Da qualche ora l’album è ascoltabile per intero sul suo sito internet (clicca QUI). In teoria potrebbe anche bastare così, lo ascolti online e pace. E invece no: il sound è fantastico nelle cuffiette del pc. Vedo che il mastering è stato affidato a Mauro Andreolli, da molti anni uno di quei professionisti in grado di trasformare un buon album in un album “che spacca!”, il quale rimanda i complimenti all’artista: “Bart ha fatto un gran lavoro, io mi sono occupato della parte di mastering e quindi ho un merito piuttosto parziale riguardo al risultato raggiunto… posso comunque confermarti che i recenti sviluppi relativi ai modi di fruizione della musica hanno a poco a poco modificato i miei criteri di mastering proprio per adeguarli alle attuali esigenze di ascolto tramite web. Devo dire che le differenze qualitative di un master mirato a questo tipo di impiego rispetto ad uno standard tipo compact disc diffuso via internet (specie se con compressione dati) sono davvero percepibili”.
Ascoltare per credere. Un sound acido, che rimanda alla storia del rock dagli anni 60 in poi, molta psichedelia, ma anche sonorità che mi ricordano molto le sperimentazioni rock di metà anni 80.
La cosa particolare è che sei pronto a scommettere che dietro c’è un signor gruppo invece “è tutto fatto dentro al computer, a parte le voci e il basso di holding back e qualche synth che non potevo suonare che a mano. Ma il resto è tutta purezza virtuale. Un gran lavoro di programmazione, qualche astuzia e ottimi suoni ” (Bart Sailer).

Insomma io, che non compro supporti fonografici da anni, questo cd lo voglio!!! in questo senso mi trovo in linea con l’artista  (dal suo profilo facebook): Ascolti, ti piace, lo ordini, te lo spedisco, lo riascolti sul grande stereo di papà e ti piace ancor di più. Walking Mountains prezzi giusti per musica buona.
Costo 10 Euro. A questo punto si potrebbe aprire una discussione sul valore della musica oggi, di giusto prezzo, di politiche di distribuzione, ecc. (meditate gente, meditate…)

Controfase


Da anni mi riprometto di seguire i progetti musicali di Pietro Frigato, cosa che finora mi è riuscita solo parzialmente. Avevo sentito parlare (e bene!) delle sue performance (come Psicopolizia – Oscar Ferrari ad inizio 2008 lo descriveva così) cariche di adrenalina. Sapevo della sua collaborazione con Emanuele Zottino e che più di tutto era interessato sul suo intervento al microfono. In tempi più recenti ho appreso che è entrato a far parte dei Controfase (con un maggiore coinvolgimento anche nella stesura delle composizioni), che da qualche giorno sono online con questo bel video.  Ora non (mi) resta che aspettare l’occasione giusta per vederli dal vivo Per tutte le info, rimando al loro sito.

I Like U Freeky


Dopo mesi di digiuno musicale, i video virali lanciati in rete dai sudafricani Die Antwoord sono arrivati anche a me. Grazie a loro ho riscoperto di avere la possibilità di portarmi dietro la musica nello smartphone, e di conseguenza ho riattivato stereo e mixer, a cui collego lo smartphone con i brani del trio sudafricano: Enter the Ninja, Scopie, Very Fancy, I fink U freeky, Hey Sexy, Beat Boy, Fatty Boom Boom, Fok yulle Naaiers
Sono rammaricato di averli scoperti tardi. Mi piace l’idea del successo arrivato grazie alla rete, il fatto di aver prodotto video e aver permesso il download gratuito del primo album. E di aver portato nel mondo la cultura di strada sudafricana, lo ZEF…Il fatto che i video abbiano abbondantemente superato i dieci milioni di visualizzazioni, dice tutto. E dati i video troppo espliciti, dubito che godano di chissà quale rotazione sui video network musicali (e aggiungo chissenefrega!)

museruole (women in experimental music) dal 4 al 5 maggio a Bolzano


Poche righe per annunciarvi l’imminente inizio di museruole, rassegna ideata da Valeria Merlini per il comune di Bolzano. Valeria, con cui condivido trascorsi a Radio Tandem, è bolzanina di nascita, ma studi e lavoro la hanno portata in giro per l’Europa (Firenze e Berlino, principalmente) dove è conosciuta sia come dj (jd zazie, il suo nome di battaglia) che come direttrice artistica – suo il workshop experimental turntablism e la successiva serata dedicata al dj-ing sperimentale durante Transart 2011 oltre ad alcuni convegni-workshop sui paesaggi sonori.

La rassegna, organizzata per conto dell’assessorato alla cultura e alla convivenza del  Comune di Bolzano in collaborazione con Transart, è dedicata alla sperimentazione musicale al femminile e si terrà da domani al Museion. L’ingresso è libero.

Per i dettagli rimando al comunicato stampa del Comune di Bolzano e al sito della rassegna.

K7

“no donation is too small and each will be greatly apreciated”. letto, fatto. Mi son detto, il trailer di presentazione del progetto di realizzazione di un documentario sulla cassetta audio, è accattivante, e 1 € – anzi meno, 1$ – per sostenere il progetto è meno di un caffé. Un progetto nato con il passaparola – un grazie a Marco Ambrosi per avermelo segnalato – per un finanziamento che utilizza la piattaforma kickstarter, molto simile a quello delle nostre Produzioni dal basso, ma – anche grazie alla diffusione nei social network – molto più immediato.
E alla fine, ma questo l’ho scoperto dopo, ho trovato il mio nome sulla pagina dei ringraziamenti…

(Nella foto Zack Taylor e Seth Smoot, ideatori del progetto)

Megaupload

33 1/3 SPOT

Ebbene sì, hanno chiuso Megaupload. Nel caso di questo servizio le cose stanno un po’ diversamente rispetto al P2P. Però è un dato di fatto che gli spot raccolti per i 33 anni di Radio Tandem, caricati su Megaupload, non infrangono il diritto d’autore. Era semplicemente comodo averli lì, scaricabili ad una velocitè decente…

Cos’è 33 1/3 Spot (dal sito di Radio Tandem)

Marx? Karl o Groucho?

Verso la fine degli Ottanta venne addirittura preparato un elaborato di laurea al Dams di Bologna dedicato agli spot di Radio Tandem.

Effettivamente, senza saperlo, avevamo creato qualcosa di nuovo, quantomeno sicuramente di diverso.

Nell’ultimo anno dei Settanta, quando per riempire le tante ore senza programmi effettivi, decisi di far acquistare alla Radio un mitico registratore a bobine che trasmettesse musica, mi ritrovai a dover risolvere un classico problema: il nastro di una bobina – a velocità normale – poteva avere una massima durata di 6 ore: 3 per ogni lato. Ovvio che, almeno una volta ogni mezz’ora, sarebbe stato intelligente indicare all’ascoltatore cosa stesse ascoltando o – vista la jungla di emittenti che operavano in quegli anni – su quale frequenza fosse collegato. Cercando di lavorare con quella necessaria creatività che ci eravamo dati quale segno distintivo rispetto alle radio colleghe, scelsi fin dall’inizio la strada del non-sense partendo da un presupposto stupido: tutte le altre radio sparavano ogni tre minuti, l’ora esatta, il nome dell’emittente e – in caso – il titolo della trasmissione che stava andando in onda. Perché dare indicazioni così semplici e per certi versi idiote? Se qualcuno era sintonizzato sui nostri 98.400 MHz, perché ricordarglielo e perché – dato che la musica che stava ascoltando era una ponderata scelta di cose “intelligenti” (lo scrisse Saviane sull’Espresso in un articolo che presentava Bolzano, citando la radio innanzitutto per una scaletta musicale “tra le migliori dell’Italia contemporanea”) – interrompere un senso “culturale” di ascolto, dicendo l’ora esatta piuttosto che le condizioni del tempo (entrambi cavalli di battaglia di un modo di fare radio decisamente “americano”)?

Oltretutto avevo davanti il problema del fatto che quelle bobine avrebbero girato per giorni, mesi e anni senza dunque la possibilità di rendere il “tempo presente”. Oltre a dunque una colonna sonora che sarebbe dovuta necessariamente restare nel tempo, scelsi frasi assolutamente assurde, provocatorie, casuali, atemporali.

Credo che la prima, dopo i primi 5-6 brani registrati fu una cosa tipo “ma perché stai ascoltando Radio Popolare?”… buttata lì così, d’amblé, un po’ sinistra e paurosa, un po’ scema e un po’ no ma che avrebbe forse fatto tendere l’orecchio più che il solito rifritto jingle musicale con il coretto che canticchia il nome della radio e che molti a quel tempo verificavano quale simbolo di acuto professionismo.

Non eravamo forse brutti, sporchi, cattivi e di sinistra e senza tutti quei tacchi a spillo dalle voci incredibilmente uguali ed impostate che inondavano le moquette delle radio che, in quel tempo, contavano in città?

Dalla prima idea di ciò che allora non chiamavamo neanche lontamente “spot”, nelle bobine successive andai ovviamente incontro ad un logico lavoro di affinamento. In radio non avevamo un vero e proprio studio di registrazione affiancato alla sala trasmissione primaria, per cui o si lavorava di notte oppure si chiedeva aiuto. Lo trovai dagli amici dello studio Prisma, in qualche modo attrezzato sicuramente in modo più professionale e che, al tempo, produceva lavori di sonorizzazione e produzioni multimediali. Senza rompere le scatole, chiesi gentilmente le chiavi e gli orari in cui non avrei trovato nessuno. Lì con un semplice mixer, un buon microfono ma anche e soprattutto un minimo rack di effetti (unità di riverbero, eco e poco altro che nemmeno usai) e una piccola collezione di dischi di effetti sonori (a quel tempo li possedevano solo i rumoristi della Rai in storica eredità dei gloriosi studi londinesi della BBC), passai alla “fase due” o, in altre parole, un modo più serio di registrare quei piccoli interventi di pochi secondi che avrebbero trovato posto nelle famose bobine.

Funzionava. E gli ascoltatori ci fermavano per strada anche perché avevano riconosciuto un nuovo mondo di vivere radiofonicamente; anche dall’altra parte del microfono e delle antenne.

Collateralmente all’idea in nuce degli spot, cominciai a produrre anche dei “richiami” per presentare e lanciare le trasmissioni del palinsesto. Una novità assoluta alla quale nessuno aveva ancora pensato, mentre oggi è un reale “must”, specialmente televisivo.

La Radio, a cavallo fra la fine dei Settanta e l’inizio degli Ottanta, stava intanto vivendo un importante momento politico che sfociò nel fondamentale incontro con il movimento verde-alternativo di “Nuova Sinistra – Neue Linke”, guidata (dal 1978 e per tre legislature, nelle sue varie evoluzioni) da Alexander Langer. Rimando gli interessati agli importanti scritti che raccontano la nascita del periodico Tandem e della trasformazione della rionale Radio Popolare in quella Radio Tandem che – anche a livello radiofonico – celebrava la volontà di due culture di pedalare insieme e non contrapposte come sembrava avere voluto la storia post-bellica di questi territori.

Avevamo dunque innanzitutto e fondamentalmente una vera e propria redazione. Nella sede della piccola casettina a due piani di via Lungo Isarco, Tandem era un piano superiore con una sala riunioni redazionale e un piano inferiore con due piccole stanzette nelle quali viveva la radio.

Fu in occasione del censimento del 1981 e delle vicine tornate elettorali per provinciali e comunali che i giochi diventarono seri e che la radio espresse un primo importante momento di raccolta sociale.

Durante una riunione diventata poi storica, nella quale si sarebbero dovute prendere decisioni importanti per il futuro della parte radiofonica del progetto Tandem, Alex prese la parola per illustrare, fra il resto, anche il modus operandi di Radio Radicale. La sua idea, mutuata da quella di Marco Pannella, era anche quella di trasformare la radio in uno strumento di pura campagna elettorale, una sorta di importante e qualificato megafono delle idee base che guidavano il movimento cittadino di allora. Istanza sicuramente buona per certi versi ma che avrebbe però spostato il baricentro del progetto. Ci sarebbe da fermarsi e scrivere pagine a riguardo ma, per brevità, diremo dunque che si trattava – in nuce – di potenziare il giornale, trasformando la radio in un giornale da ascoltare. Dirette parlamentari, trasmissioni fiume in filo diretto con gli ascoltatori specialmente nei periodi di campagna elettorale e via di conserva. Si trattò dunque di scegliere. Presi la parola e, appoggiato da Dominikus Andergassen, Marco Trentin e Antonio Vaccaro, difesi invece una linea più “artistica” della scelta radiofonica e con un prolisso intervento, conclusi alla fine che accettando la proposta, si sarebbe sì vissuto qualcosa di certamente importante per tutti, ma che – allo stesso tempo – avremmo dovuto prepararci ad abbandonare un’idea di radio diversa che stavamo invece perseguendo anche grazie alla musica scelta in modo alternativo e ad altre trasmissioni che nessun palinsesto delle radio concorrenti, almeno in città, stava ospitando.

Dato che di lì a qualche mese ci sarebbero state delle elezioni comunali, decidemmo salomonicamente per una via che avrebbe forse accontentato le due posizioni, scegliendo così il primo vero momento di impegno “totale” (il secondo sarebbe avvenuto circa dieci anni dopo con l’importante esperienza  di Umberto Gay di Radio Popolare di Milano che guidò la costruzione di una nuovissima redazione), ove redazione giornalistica e redazione radiofonica si fusero e collaborarono alla stesura di un palinsesto ricco di ogni tipologia di sociale radiofonico.

E giocoforza, visto che la Radio (qui è necessaria la “R” maiuscola) aveva accettato di vivere anche “creativamente” ed “artisticamente”, i semplici “richiami” di ascolto si trasformarono in qualcosa di più importante e denso. Non fu necessario cercare per forza altri “addetti” alla parte creativa. Per una sorta di naturale accadimento, alla fine di una classica dura giornata, ci si ritrovava alla sera con la voglia anche di divertirsi insieme. Così, alle tre del mattino di una fredda giornata autunnale, alla fine di una classica riunione generale, mi misi al mixer e approfittando di un’ora in cui sicuramente non ci sarebbe stata molta gente all’ascolto, incominciai a mandare musica dal ritmo sostenuto recitando alla fine di ogni brano trasmesso una sorta di giagulatoria che metteva insieme uno dopo l’altro tutti i vari “comunicati” precedentemente sparsi nelle famose bobine. Dal piano di sopra partirono applausi e risate e dopo pochi minuti, una decina di persone era intorno al microfono a sparare cazzate alla maniera forse dell’Arbore di Alto Gradimento e dunque ben prima dei successi di “Quelli della notte” o di “Indietro tutta” che sarebbero arrivati di lì a poco. In quella notte naque il primo vero spot collettivo. Quel “Una Radio di movimento”, testimoniato anche sul CD che raccoglie alcuni fra gli spot storici della Radio. La fortuna fu quella di avere la possibilità di fare un casino indemoniato alle tre del mattino. La casa di via Lungo Isarco era fondamentalmente isolata, lontana da altre abitazioni e quindi, nove persone che marciavano a ritmo di parata militare sbattendo con forza i piedi all’unisono sulla lunga scala in legno che collegava la radio alla stanza delle riunioni, non sono state un problema.

Da lì in poi il diluvio. Ogni venerdì sera, alla fine delle due-tre ore di discussione accesa, il dottor Jeckyll in noi si trasformava nel più docile ma iconoclasta Hyde, traducendo forse nel suo più perfetto ed originario significato il famoso motto del maggio francese “je suis marxiste de tendence Groucho”.

Gli spot e il conseguente “gruppo spottivo” (praticamente tutta la line-up della Radio con pochissime eccezioni) erano diventati una cosa tremendamente seria; da lì a breve, peculiare caratteristica di una Radio che attorno al collettivo era divenuta un punto di aggregazione importante per molte menti della città.

Un calembour di razze, colori, umori e tematiche decisamente psichedelico dove, alla stregua del futuro Blob televisivo, si riusciva ad inserire un mondo in uno stacchetto di parole e musica di pochi secondi.

Molto pop. Ai Beatles sarebbe piaciuto.

Vittorio Albani

Angelo Monne di Dorgali espone ad Ora

Scoprii casualmente i lavori di Angelo Monne, seguendo un commento al blog 10/01 dell’amico Marco Ambrosi. Fu così che ho conosciuto molti lavori  degli ex studenti dell’ISIA, Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, di Urbino (Marco e Angelo sono stati la mia chiave di accesso). Si tratta sostanzialmente di compagni di corsi che si tengono in contatto e che, grazie ad internet, condividono parte dei loro lavori.

La tecnica di Angelo – i disegni sembrano scavati – i colori utilizzati e le atmosfere evocate mi hanno subito colpito, toccando corde molto profonde. Quest’estate ho avuto modo di incontrarlo a Dorgali (NU), il suo paese. Nelle poche ore passate insieme penso di aver compreso il suo profondo amore per la Sardegna, per la sua natura, per le montagne e per il mare.
Con i suoi disegni scritti, quasi delle strisce a fumetto, racconta storie ambientate nella sua terra, di cui è profondo conoscitore, compresa la storia ed i miti. Da esse traspare anche il suo animo ecologista ed il suo j’accuse nei confronti di chi questa sua terra la sta trasformando in nome del turismo. Sono storie di vita di paese. A guardarle e leggerle si respira aria di provincia italiana e i personaggi fanno pensare immediatamente alle maschere tradizionali sarde, metà uomini metà animali. Un mondo fantastico che si mescola col mondo reale e con i problemi reali (preso da qui).
Angelo è un personaggio, come dire, duro e puro. E modesto. Uno che va dritto per la sua strada. E che comunque con il suo lavoro di illustratore riesce a campare, quindi onore al merito.
Ora, Marco Ambrosi è riuscito ad organizzargli la mostra all’interno del bar dell’attivissimo ritrovo Arci Aur-Ora (di fronte alla stazione di Ora) – dall’8 al 21 ottobre (apertura dalle 7 alle 24).
L’inaugurazione è il venerdì 7 ottobre alle ore 19.30, e sarà presente anche Angelo. In questa occasione si potrà acquistare, per 10 euro, anche il libretto “E’ successa una cosa” che, come sottolinea lo stesso Angelo, “è un affare: formato A4, stampato su carta betulla lussuosa, che contiene un’invettiva molto scurrile e c’è pure la mia bella faccia.”
Il libretto in caso è disponibile in forma elettronica qui.

P.S. dimenticavo: Angelo Monne ha un fantastico blog

P.P.S. (13 ottobre 2011)- Qui l’intervista rilasciata da Angelo Monne alla Rai di Bolzano – inserita in una trasmissione del mio podcast

I Sense of Akasha tornano finalmente con un nuovo album

Dopo il successo di Make me Real, avevo indirettamente apprezzato i Sense of Akasha in occasione della mostra interregionale Labirinto::Libertà al forte di Fortezza nel 2009, quando prestarono la loro musica all’installazione Ariadne’s asteroid centrifuge di Julia Bornefeld (questo il video).

Ora i Sense of Akasha tornano a far parlare di sè con Splendid Isolation, il nuovo album che verrà presentato al forte di Fortezza il 10 settembre prossimo, durante lo svolgimento della mostra Figur/a, in cui sono esposte anche opere della Bornefeld (coincidenza?). Il lavoro si ispira da un lato a Gustav Mahler che con l’espressione “Splendid Isolation”era solito descrivere il suo modo di vivere in perfetta solitudine, dall’altro ha un legame forte con il forte abbandonato di Fortezza, un luogo costruito per una guerra che non è mai arrivata – un tema scelto per il forte già in occasione della biennale di arte contemporanea Manifesta7 (2008).
Ecco, il concerto del 10 settembre sarà in realtà una performance multimediale in quanto la band di Brunico ha coinvolto gli artisti Giancarlo Lamonaca (visual), Gustav Willeit (video, fotografia) e Marco Masante (fotografia) per aiutarli ad elaborare in audio e video i processi mentali che occorrono in solitudine.
Io sono molto curioso di vederli all’opera. Per maggiori info www.senseofakasha.com .

Bolzano, luglio 2011 (risistemando i tasselli)

Da anni manco da Bolzano a cavallo tra giugno e luglio. Quest’anno lo stacco è stato totale: non ho toccato un computer per tre settimane (e non posseggo dispositivi mobili di ultima generazione)!!! Di conseguenza dal giorno del mio ritorno in città sto cercando di capire cosa è successo. Ho sentito che la Volxsfesta di Tandem è andata bene, ho appreso da un simpatico diario di viaggio (qui i link alle parti 1, 2, 3 del diario – clicca sui numeri) di Yomo su Franz del successo della trasferta dei Little White Bunny all’Italia Wave Festival a Lecce. Ed ho appreso che il 28 luglio a Bolzano suonano i Tre Allegri Ragazzi Morti, di cui vedete uno dei video qui sopra. Gran bella notizia, anche se legata da molti all’annosa discussione sugli spazi per la musica dal vivo a Bolzano. Io sono tra quelli che dice di sfruttare bene gli spazi che ci sono, prima di chiedere a gran voce un locale che sostituisca il Ku.Bo. Doveroso aggiungere che a chi fa musica dal vivo il comune di Bolzano sta facendo da anni la guerra – ma anche qui pare che si stia lavorando ad una soluzione: un recente incontro tra comune, Provincia e rappresentanti del movimento Freie Musica Musik Libera pare abbia gettato le basi per un dialogo. L’argomento degli spazi per la musica è annoso – ne parlavo qui – sono contento che ora, grazie all’impegno di FM/MLqualcosa si stia muovendo)
Detto questo: ben venga se a Bolzano si riuscisse a proporre una programmazione musicale permanente e di livello (il mio modello sono le sale dell’Ancienne Belgique di Bruxelles, all’avanguardia da 20 anni almeno, con tante sale adatte ad ospitare diversi tipi di gigs).

Cambiamo argomento. Apprendo che Mario Mattioli ha aperto un nuovo blog e che ha fatto tabula rasa con il passato: “non ci sono i miei vecchi post, perché il passato è passato ed è giunto il momento di guardare avanti. Fra qualche settimana inizieremo a parlare di ecosistemi educativi crossmediali.” In bocca al lupo! ti leggerò…
Grandi novità anche dal blog Crisantemi Galleggianti: Dario Ansaloni, la cui scrittura mi piace un sacco, si è avventurato in una traversata atlantica in barca a vela. E ne scrive sul suo blog (questi i link alle parti 1 e 2 del resoconto – clicca sui numeri) Da leggere!

Upload – votare la propria band preferita sul sito del quotidiano Alto Adige

Dopo anni di ascolto assiduo di demo, avevo perso l’abitudine a questa attività. Oggi mi ci sono ri-dedicato, anche se è stato più un gioco. Da qualche anno a questa parte il Servizio giovani della Provincia autonoma di Bolzano organizza Upload, un concorso-festival per gruppi emergenti da tutta Europa (questo il sito). Tra le molte selezioni ve ne è una riservata al voto del pubblico che, collegandosi al sito del quotidiano  Alto Adige può ascoltare dieci nuove proposte musicali e votarle. Alla fine del sondaggio, il brano che avrà ricevuto più clic si aggiudicherà il premio Upload-Alto Adige/Trentino on line e potrà esibirsi sul palco durante le serate finali del festival.
L’esercizio da fare è simpatico e senza pretese. Anzi penso proprio che il mio voto qui conti poco o niente, considerato che le band verranno votate dagli amici e dagli amici degli amici. Però l’idea è carina. Soprattutto se ci si impone di ascoltare integralmente (!) i dieci brani, di gruppi magari sentiti di nome, ma che non ho avuto, ancora, la possibilità ed il piacere di ascoltare dal vivo.

Alla fine del primo giro di ascolto, ho salvato 4 brani, anche se ancora non so a quale darò la mia preferenza.

Moscaburro: October’s rain
Moscaburro October\’s Rain

Ai primi giri di accordi di chitarra li avevo già mentalmente bocciati. Il brano si fa interessante quando entrano in supporto alla voce maschile, su linee melodiche diverse, le due voci femminili. Musica d’altri tempi. Molto affascinante…

Hill Street Blues Band: Let’s Stop to meet
Hill Street Blues Band let\’s stop to meet

Motivazione analoga per la Hill Street Blues Band. Due le voci in questione, una maschile ed una femminile, con la prima in supporto alla seconda. Il brano è molto piacevole e più strutturato rispetto al precedente. Ma ad affascinarmi sono le voci.

Neurotic Maze: Behind a wall of glass
Neurotic Maze behind a wall of glass

Genere totalmente diverso per il producer bolzanino Hannes Hofer che si presenta come Neurotic Maze. Elettronica sì, ma con un tocco che non saprei come definire. Proverei con interessante…

Kepsah: Oltre
Kepsah Oltre

Detto questo, spesso per imporsi in una competizione non basta essere bravi, ma proporre qualcosa di insolito, di forte. E decisamente forte è il brano proposto dei trentini Kepsah. Rullante a cadenza marziale, voce recitata, almeno nell’intro L’influenza dei Massimo Volume appare evidente, eppure il brano al primo ascolto prende ed anche il testo è tutto fuorché banale. Kepsah.

(I player sono collegati ai file mp3 pubblicati dal quotidiano.)

Per finire, il link con la pagina web del quotidiano Alto Adige su cui votare i vostri brani preferiti:

http://temi.repubblica.it/altoadige-sondaggio/?pollId=2626

Conferenza sui rischi di internet

4feb
Nel 2005 ebbi la fortuna di assistere ad un dibattito sul tema del diritto d’autore e la proprietà intellettuale in internet. Tra i relatori: Sergio Messina, musicista ed opinionista, e Marco Marandola, esperto di diritto d’autore e di licenze elettroniche, venuto a mancare giovanissimo (40) appena tre mesi più tardi . Doveva partecipare anche un rappresentante della SIAE, che però non si è fatto vedere.
Il dibattito mi piacque molto… dirò di più: fu quell’incontro ad indurmi a realizzare un blog ed un podcast tematici su kiasma.it, contribuendo a farmi approfondire la materia del diritto d’autore in internet – soprattutto con il ciclo di trasmissioni Fattore K(iasma), oltre a proporre (e propormi per) la realizzazione del podcast Alto Adige Cultura.
Non di diritto d’autore, ma di rischi in internet si parlerà venerdì prossimo al Centro Culturale Don Bosco di Bolzano. Il pretesto è la presentazione del libro Le reti nella Rete e vede presenti l’autore Michele Facci del volume, il sovrintendente regionale della Polizia di Stato Mauro Berti, responsabile tra le altre cose dell’ufficio indagini pedofilia e Aldo Gabbi, apprezzato dirigente scolastico trentino, componente del Comitato di valutazione per la qualità del sistema scolastico della scuola in lingua italiana dell’Alto Adige. Destinatari: soprattutto genitori, educatori, ma anche i ragazzi

Strumenti per l’educazione del pubblico d’arte

Replico qui un articolo da me postato quest’oggi sul blog cultura di scripta manent, un progetto che nasce con l’intenzione di stimolare il dibattito intorno alle politiche culturali, prevalentemente della Provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige.

La quarta delle cinque giornate del jazz (02/02/2006),
dedicata alla musica di Chet Baker. Durata: 2:21

Propongo qui un breve intervento in risposta alla discussione iniziata in un precedente post (questo). Concordo, compito dell’ente pubblico deve essere quello di fornire al cittadino le chiavi di lettura per meglio comprendere l’arte. Si tratta di una metodologia di presentare arte e cultura che la ripartizione cultura italiana (dove lavoro) ha fatto su più fronti. I ragionamenti, le strategie e alcuni  passi operativi  pregressi sono elencati qui (file pdf).
Per favorire l’accettazione della proposta sono stati invitati in qualità di esperti dei personaggi molto noti anche al grande pubblico: questi metodi sono stati utilizzati per presentare l’arte visiva ed il teatro, ma soprattutto  la musica: l’opera lirica (Mito Opera – con Alberto Jona), la musica classica e quella elettronica (On & On con Luca De Gennaro, Madaski, Boosta, Fabio De Luca, Claudio Coccoluto, Sergio Messina), fino al jazz per un progetto che ha visto protagonista assoluto Paolo Fresu, come co-curatore e come musicista in occasione delle Cinque Giornate del Jazz). Di questo progetto esistono alcune registrazioni video integrali fantastiche (immagini prese dal videoserver della ripartizione Cultura italiana). E qui si potrebbe aprire un altro dibattito sul plusvalore dato dall’uso intelligente delle nuove tecnologie per la divulgazione della cultura (penso al fenomeno youtube, ma anche agli archivi pubblicati in internet dalle televisioni pubbliche: p.es. da BBC, WDR – ricordate i concerti Rockpalast?)

kiasma.it il sito personale di Till Mola